Un gruppetto di liceali della cité decide di rappresentare un testo di Marivaux, "I giochi del caso e dell'amore". La bella e sfrontata Lydia, che non tiene mai la lingua a posto, è la protagonista della commedia. Krimo, innamorato timido, silenzioso e impacciato, non riesce ad immedesimarsi nel suo personaggio, troppo intimorito dalla vicinanza di Lydia che, comunque, cerca di aiutarlo e di farlo entrare nello spirito della pièce. Attorno ai due personaggi principali ruotano gli ovvi amici/amiche del cuore, intriganti onnipresenti che non riescono a farsi i fatti propri.
Battibecchi, gelosie, equivoci, teatro, parolacce, la vita nella cité, la famiglia ed altro ancora. Ma soprattutto una "lingua", quella parlata dai giovani banlieusards, che sciocca lo spettatore medio, non per la volgarità quanto per l'accento, per lo slang e le espressioni utilizzate. Per seguire il film ci vuole un enorme sforzo di concentrazione; io non sono riuscita a capire (decifrare?) tutto (ogni tanto gli spettatori ridacchiavano di qualche battuta o frase originale e io li', come un pesce, a cercar di capire eventuali tripli sensi). Lo shock linguistico de "L'esquive" è pari a quello causatomi da due bei film di Denys Arcand, "Il declino dell'impero americano" e "Le invasioni barbariche", in cui il francese pronunciato con l'accento del Quebec mi ha fatto sentire come Champollion davanti alla stele di Rosetta: una decifratrice, con l'orecchio sempre incollato allo schermo. Del primo film ho capito ben poco, col secondo per fortuna è andata un po'meglio. domenica, marzo 6
"Il gioco del caso e dell'amore"
Nonostante una fila immonda, dovuta al fatto che "L'esquive" ha vinto quattro Césars (mentre, all'uscita, in ottobre, quasi nessuno se l'è filato), questo pomeriggio sono riuscita ad andare al cinema, come previsto dal mio piano di battaglia. "L'esquive" ("La schivata") è ambientato nella popolosa cité di una qualunque periferia francese: i colori sono sempre scuri, non fa quasi mai bel tempo (c'è sempre vento), i personaggi sono suscettibilissimi, pronti a scattare per un nulla, e sono quasi tutti beurs, cioè magrebini nati in Francia.
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