lunedì, novembre 29

Tropical agony

Geniale idea quella di andare al cinema, sabato pomeriggio.
Formazione:

- G., leggermente appesantita da lauto pranzo a base di torta con peperoni e zucchine.
- l’Altro (detto anche “il parigino moderato”: fine esteta e cinefilo, onnivoro e onnisciente, dategli un Tarkovskij e ve lo seziona in quattro e quattr’otto, Lynch è il suo pane quotidiano, Castaneda gli fa un baffo; attenzione a giocare a Trivial Pursuit con lui, potrebbe tentare di prendervi a unghiate se osate rispondere)
- Cip (Ciop essendo ufficialmente “in ricognizione ufficiale nel sud-ovest in vista della prossima discussione della tesi di dottorato, a festeggiare a tarallucci, vino e cosciotti d’anatra secondo me)

Destinazione:
Tropical malady, film tailandese premiato in una qualche sezione, sembra, a Cannes 2004. Il regista è Apichatpong Weerasethakul, nome che a me non dice assolutamente nulla (al limite mi fa sghignazzare, ma tanto io rido per quasi tutto); avrebbe diretto Blissfully Yours, che Cip ha visto e ha trovato pesantissimo. Io probabilmente ero troppo occupata a guardare Miss detective con Sandra Bullock, torbida storia di sabotaggi terroristici e rivalità al concorso di Miss America.
Visto che non capisco un cazzo di film non mi dilunghero’ sulla trama, anche per non rovinare la sorpresa a nessuno. Sappiate solo che ho sonnecchiato durante la seconda parte, quella che dura una mezzorata ed è senza dialoghi e si svolge interamente nella foresta di notte…la parte più seria, più profonda, quella che fa riflettere, quella ricca di metafore, i cui personaggi sono: scimmia parlante, mucca fosforescente, tigre sciamanica e povero sventurato. Quindi: amanti del totemismo, dello sciamanismo, della reincarnazione, dell’arte tailandese e dell’amore estremo fatevi sotto! Questo film è per voi! Ho pure sottolineato la mia disapprovazione/disinteresse con dei leggeri ma decisi ruttini, segno che no i peperoni non li devo mangiare perché poi mi restano li’, e con una serie di sbadigli che quasi mi sentivo in pigiama.
Alla fine del film io mi son risvegliata dal letargo pentendomi di non essere andata a fare shopping brandendo minacciosamente il Bancomat, l’Altro ha sorriso di soddisfazione, avendo capito tutto, pure quello che il regista stesso non aveva capito, e Cip ha proposto enigmaticamente di andare a bere qualcosa. Proposta accettata all’unanimità.
Comunque la prima parte del film non è male….

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